Gli inconsapevoli influenzati

vignetta donne che parlano sistema paese

 

Il Marketing non è cosa nuova. E’ un settore della Economia che studia il mercato (la platea dei consumatori) per conoscerne gli orientamenti, le tendenze, le attese e i bisogni. Il fine è quello di individuare e dimensionare il “segmento di mercato” e il “target di clientela” più favorevole all’acquisto dei prodotti d’impresa. Così, si può rendere più mirato ed efficiente il processo aziendale dalla ideazione del prodotto alla vendita e distribuzione.

Infatti, a valle del Marketing c’è la Vendita (sales): le due aree sono intrinsecamente collegate. Possiamo sintetizzare così: il Marketing si preoccupa di suscitare il “bisogno”; le Vendite si occupano di fatturare chiudendo il ciclo con l’atto di acquisto del prodotto da parte del Cliente.

Tutte le aziende di rilievo prevedono, nella propria organizzazione, la Direzione di “Marketing&Sales”. Almeno fino a ieri. Con l’evoluzione delle Scienze Sociali, alle quali, oggi, non sfugge alcun dettaglio sulle fragilità popolari, le Vendite si sono arricchite di una ulteriore fase di ciclo, detta “Post Vendita” o “Customer Satisfaction”. Questa fase punta alla fidelizzazione del Cliente.

Ma è il Marketing che ha avuto uno sviluppo impressionante e, per tanti versi, come vedremo, pericoloso. Pubblicità, slogan, testimonial non bastano più.

La capillare diffusione dei social e delle tecniche di raccolta informazioni hanno permesso di scrutare l’intimità della gente per scovarne debolezze, pregi e difetti, propensioni istintive.

Il Marketing è diventato una specie di “tecnica del plagio” di cui la “pubblicità subliminale” è stata un primo assaggio.

Oggi, le Aziende innovative hanno aggiornato la propria organizzazione. Infatti, prevedono due Direzioni invece che una unitaria: quella delle Vendite e quella del Marketing&Comunicazione. Sono entrambi terreni da Intelligenza Artificiale, soprattutto la seconda, quella della Comunicazione.

L’ultima innovazione va sotto la dizione di  “Influencer Marketing”. Che cosa è?

Tutti conoscono una “influencer marketing” come Chiara Ferragni che “dispone” di quasi 30 milioni di followers che è certamente un co-capitale da associare a quello delle superata visione patrimoniale.

Ecco: un misto di vanità e moda, di accattivante immagine e brand personale, di stile di vita e di icona simbolica nel beauty e nel fashion, di imprenditorialità innovativa e di abile uso dei più svariati mezzi tecnologici di comunicazione … tutti insieme, costruiscono un palcoscenico di sincerità, di credibilità, di confortevole  e un’area di piacevole confort.

Quale è, però, l’effetto pericoloso? E’ l’iniezione di un virus, nell’inconsapevole  tessuto molle dei follower, che spegne ogni pensiero critico.

Basti osservare che, nonostante le disavventure giudiziarie, nonostante l’avvelenato panettone Balocco, nonostante i problemi matrimoniali, i follower della Ferragni sono ancora attestati ad oltre i 28 milioni.

Tuttavia non non c’è da meravigliarsi ma solo da prendere atto di quanto siano sofisticate, oggi, le Scienze Sociali e di quale spessore qualitativo sia la specializzazione di un influencer.

Il senso del pericolo si fa più concreto e consistente. Anzi, ci si dovrebbe vergognare della nostra debolezza intellettuale di fronte alla stessa esistenza della professione di influencer. E’ un pericolo ancora più grande della Intelligenza Artificiale perché questa ci imporrà cosa fare e, forse, addirittura non avrà bisogno di noi; l’influencer, invece, non impone nulla perché siamo noi, da plagiati, che decidiamo se essere follower o meno.

C’è da attendersi che il settore “influencer marketing” debba non solo consolidarsi ma anche espandersi; e, nel contempo, trasformarsi ed innovarsi.

La creatività, abbinata alla innovazione tecnologica, sono fattori essenziali per distinguersi, affermarsi, riscuotere successo.

Cosa comunicare? Ebbene, autenticità e senso dell’Etica; “contenuti educativi”;  inclusività; sensibilità verso la sostenibilità: ciò che emana il piacevole confort.  Ecco come è favorire la penetrazione sociale dell’ “influencer marketing”.

E’ questo che sostiene la ricerca della IAB ITALIA (il ramo italiano della Associazione IAB che rappresenta l’intera filiera della pubblicità digitale a livello mondiale) nel suo studio “White Paper sull’Influencer Marketing”.

Molti sono i nuovi protagonisti, detti “creator”, che si avvicinano a questa nuova professione, molto competitiva, il cui strumento principe sono i social.

Perché “creator”? Perché debbono innovarsi, diversificarsi e reinventarsi senza sosta: chi si ferma è perduto.

E’ la stessa problematica di qualunque azienda. Ma, qui, l’impresa è la “persona” che è sovraesposta mediaticamente. Una sorta di evoluzione del testimonial che, però, non può dimenticare d’essere freddo e cinico imprenditore di sé stesso né può fare a meno di una eccellente preparazione  in senso multidimensionale e multidisciplinare.

Questo cluster di mercato è, di per sé, estremamente dinamico.

Il citato “White Paper sull’Influencer Marketing” sostiene che, se nel 2023, la Ferragni appariva essere la sola protagonista; nel 2024, lei non era già più la sola. Nel mentre ricercava un proprio riposizionamento dopo le disavventure, sono entrati nell’agone una significativa numerosità di nuovi influencer perfino presenti nelle principali campagne promozionali dell’anno.

Il cluster ha accumulato, nel 2024, ben € 352 mln milioni di euro d’investimenti pubblicitari, con un incremento del 9% rispetto al 2023.

Per esempio, su Instagram, un influencer, con 10.000-50.000 follower, può guadagnare tra 350 e 1.000 euro per singolo post; con 50.000-300.000 follower il cachet sale tra i 1.000 e 5.000 euro. E con qualche milione come la Ferragni?

Questi dati, forniti da UPA (Utenti Pubblicità Associati) mostra le potenzialità di questo settore: “influenzare”, che significa “controllare” le masse, paga!

E’ un nuovo capitalismo il disporre di like e di followers.

Ma dopo la osservazione scientifica del fenomeno, nasce il problema.

I tentativi di condizionare le opinioni pubbliche, di sfruttare la credulità delle persone, di cavalcare le ignoranze, di creare fantasmi e false illusione, di costruire delle verità apodittiche è sempre stato uno sport praticato da chi aveva l’unico obiettivo di dominare. Ognuno ha il diritto di credere a quel che più gli aggrada. Ma non si può dimenticare che quello sport, oggi, sta diventando scienza. Nell’era moderna, sappiamo, sono nati addirittura i Ministeri della Propaganda, precursori del Marketing e degli “influencer marketing”. Ma nell’era moderna è nata anche la Democrazia.

Allora, la domanda è: chi vincerà, la Propaganda o la Democrazia?

Quale la differenza? Mentre la Propaganda crea “bombe di informazioni”, accattivanti, difficilmente verificabili sul momento, veloci e istintive, che creano emozioni ad alta frequenza di sequenza e propagazione; la Democrazia necessita, invece, della compostezza del pensiero critico e libero. Ma questo è faticoso e ha bisogno di visione olistica ed è, certamente, più lento nelle sue reazioni.

Avrà modo di esprimersi, questo pensiero, già irretito da più parti da luoghi comuni e pregiudizi? Eppure il pensiero critico è l’unico antidoto allo strapotere della Comunicazione che, per definizione, lo vuole sottomettere. Sembra così che la Democrazia sia perdente. Purtroppo, assieme alla Democrazia, è in gioco la Libertà stessa.

Se, poi, i professionisti dei media, quali i giornalisti, si dovessero industriare, anche loro, a atteggiarsi a influencer, allora, il gioco è fatto.

Non si può nemmeno espatriare perché il digitale e l’informazione che viaggia lì sopra non hanno confini.

Cosa fare? Unico antidoto è tenere il cervello allenato nel saper tenere a bada la “pancia” per riconoscere le costruzioni fantastiche. La “pancia”, tuttavia, con le sue emozioni, non è del tutto negativa: è il campanello d’allarme di pericolo latente.

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