È di questi giorni la proposta della Lega di ridimensionare i poteri della soprintendenza alla Paesaggistica riducendo quindi la tempistica burocratica che sta dilaniando in varie forme il nostro Paese, soprattutto nell’edilizia.
Dopo l’insuccesso del tentativo di presentare un DL emendamento, ritenuto inammissibile, la Lega ci riprova con il ddl n°1372 (per modificare il Dlgs 42/2004) presentato al Senato sempre nell’ottica del mantenimento della promessa elettorale (una volta tanto) di semplificare la burocrazia italiana ormai diventata un vero e proprio establishment.
Il centro studi ICGA di Mestre pubblica il 26 ottobre 2024 una scioccante relazione da cui si evince che la burocrazia italiana costa alle PMI circa 80 Miliardi/anno. Questi signori ci stanno dicendo che la Pubblica Amministrazione, anziché agevolare le imprese e i cittadini che le pagano lo stipendio, continuano a peggiorare qualità e tempistiche della pubblica amministrazione, e ci costano come due finanziarie.
Questa fotografia, assolutamente super partes, essendo uno studio edito da un riconosciuto e qualificato centro studi che spesso rilascia consulenze anche a vari Ministeri, evidenzia la catastrofe economica che grava sulle aziende e sui cittadini, ma non può dare la percezione di quello che è accaduto e continua accadere alle persone, alle famiglie.
La frustrazione e angoscia che molti di noi hanno subito nella vita nell’attendere certificati, autorizzazioni, validazioni di progetti e altro navigando in una palude di codicilli e vincoli anche per fare un muretto interno alla propria casa, non è facilmente comprensibile se non raccontando aneddoti che quotidianamente raccontano di tragedie, grandi o piccole, che subiscono le persone violate nei loro diritti costituzionali e nella loro dignità.
Il solo richiedere una variante di progetto implica un’attesa di 4 mesi, spesso sforati e a volte no. Amici francesi mi hanno confermato che le stesse procedure in Francia necessitano di non più di un mese anche con silenzio assenso.
Questo divario farebbe pensare a una mancanza di progettualità da parte delle amministrazioni con evidente noncuranza sui tempi di attesa e disagi conseguenti per i contribuenti.
Di queste storie ce ne sono a milioni, di persone che hanno perso tutto per un loro sogno, un loro diritto.
Ora, i soliti ben pensanti e sostenitori di questo establishment, che innegabilmente ha una sua chiara e storica connotazione politica, diranno che quella di Salvini è la solita sparata per fare propaganda politica e/o addirittura agevolare furbate edilizie.
A questi signori rispondo, pur non essendo un sostenitore ne simpatizzante della Lega, che è esattamente il contrario; la farraginosità di un meccanismo crea sempre opportunità per gli amici degli amici mentre la semplificazione ne toglie la possibilità di darne; ditemi che non è vero. D’altronde la prova di quanto affermo sono i Paesi europei e gli USA stessi dove esiste più libertà e meno evasione.
Questo è il vero motivo per cui certi partiti e dipendenti pubblici (riserva di voti) fanno scudo per non cambiare lo status quo, infischiandosene della strage di denaro e del massacro sulle vite di molti di noi, lottando costantemente per mantenere incomprensibili privilegi e poteri di fatto, infischiandosene delle norme di etica e di decenza rubando pezzi di vita, perché è questo il significato di tempo, anche a chi ne ha rimasto pochissimo togliendo pace e serenità a chi vuole coronare il sogno di una vita.
A onor del vero tutto questo è potuto succedere anche grazie alla connivenza dei professionisti che hanno preferito subire perdite di tempo e di denaro, ribaltati poi sui loro clienti, piuttosto che opporsi al sistema e interrompere questo aberrante modus operandi permettendo così alla burocrazia italiana di essere additata tra le meno efficienti d’Europa rallentando in modo inaccettabile la nostra economia. Basti pensare che la Provincia di Trento, risultata la più efficiente d’Italia, occupa il 158° posto nella classifica europea.
Non si capisce come mai quando si tratta di emulare l’Europa in spericolate avventure tutti fanno a gara, mentre quando si dovrebbe cercare di riordinare casa nostra la politica si ammutolisce. Sorge il sospetto che la burocrazia sia un terreno minato: forse perché occupa più del 13.4% della forza lavoro nel nostro Paese? In decenni il numero di dipendenti è aumentata continuamente con una corrispondente diminuzione dell’efficienza. Verrebbe da pensare che chi viene assunto abbia un progressivo calo di “entusiasmo” e gli sia data la possibilità di avere ritmi che nel privato sarebbero inaccettabili.
Ma se anche fosse vero quanto sospettato, e non è vero, almeno non per tutti, perché a un lavoratore pubblico verrebbe concessa questa possibilità?
Prima di arrivare a facili sentenze, molto alla moda oggi anche presso giornalisti di fama, andiamo ad analizzare altri dati:
“In Italia (dati 21 giugno 2021) opera nel settore pubblico il 13,4% dei lavoratori, meno che in Francia (che ha 5,6 milioni di dipendenti pubblici pari al 19,6% del totale dei lavoratori), nel Regno Unito (5,2 milioni, il 16%,) o in Spagna (3,2 milioni, il 15,9%) ma più della Germania (4,8 milioni, il 10,8% del totale)”. https://it.linkedin.com/posts/willmedia-it_nel-2022-i-dipendenti-pubblici-in-italia-activity-7218514331599052800-
Un altro dato ci viene comunicato sempre da Linkedin e cioè che la PA italiana ha la minor percentuale di dipendenti laureati in Europa con un 34% contro il 43% della Germania, il 48% della Francia e il 60% della Spagna. Verrebbe da pensare che i record di efficienza avvengono in suolo spagnolo. Truenumb3rs ci dimostra che non è così ( https://it.linkedin.com/posts/willmedia-it_nel-2022-i-dipendenti-pubblici-in-italia-activity-7218514331599052800-) sfatando anche il presupposto che più dipendenti possano erogare un servizio qualitativamente più alto; infatti la Francia è meno efficiente della Germania che però lo è molto meno della Danimarca che però è ai vertici dell’occupazione nella PA con ben il 28%.
Quindi? È chiaro che le variabili in gioco sono molte e non si può arrivare a una sentenza affrettata che di solito è strumentale in maniera trasversale; certamente l’estensione del territorio e la sua morfologia contrapposta alla densità demografica possono spiegare molte cose. Un esempio? Abbiamo visto che la Val d’Aosta ha la più alta concentrazione di dipendenti pubblici per abitante in Regione superando il 40% contro la media nazionale del 13.4%; ma è anche vero che la Regione, quasi completamente montuosa, ha solo poco più di 120.000 residenti e quindi, per garantire il minimo di servizio pubblico in una regione impervia, è chiaro che l’incidenza degli impiegati nella PA sarà maggiore rispetto a regioni pianeggianti con densità della popolazione maggiore.
Ma non è la regola.
La dimostrazione ce la dà il Trentino con i suoi 543.000 abitanti e 20% d’impiegati pubblici è al primo posto di efficienza mentre la Sicilia con ben 4.782 Milioni è negli ultimi gradini della classifica, con un numero di dipendenti (82mila) pari alla somma di Piemonte (37 mila) e Veneto (43 mila), pur avendo una popolazione (5,057 milioni) simile a quella del solo Veneto (4,908 milioni).
Ma allora forse una delle cause primarie di queste eclatanti differenze va ricercata altrove; che non sia veramente un problema di organizzazione?
Parrebbe di sì, ma voglio andare oltre; Se è vero, com’è vero, che l’efficienza dell’amministrazione pubblica non è minimamente paragonabile al privato, a parità del servizio erogato, ad esempio l’amministrativo, perché è tollerato, se non addirittura raccomandato il “vivi e lascia vivere” dai dirigenti anziché stimolare e controllare l’efficienza? Verrebbe da pensare a una strategia: io ti rendo le cose talmente difficili che mi devi pregare per far sì che la tua pratica vada a buon fine. La preghiera può essere di vari tipi. E così si mantiene il potere.
Questa situazione è degenerata da quando le Regioni hanno avuto sempre più l’auspicata autonomia che è stata interpretata malamente fino ad essere i centri di spreco maggiore del Paese fino a minare, oltre i servizi primari quali la Sanità, anche la sopravvivenza dei Comuni. Anziché cercare di risolvere questa situazione, stranamente la politica ne rimane fuori, anzi no, la sfrutta. Basterebbe che gli uffici pubblici si assoggettassero alle regole del mercato, quali ad esempio le recensioni degli utenti, che sicuramente il trend verrebbe repentinamente invertito, ovviamente togliendo il posto di lavoro garantito, come d’ altronde accade nel privato.
È strano che da quando si è avviata la tecnologia nell’amministrazione pubblica il servizio è peggiorato e rallentato. Cinquant’anni fa, le “mezze maniche” con il timbro ti davano un certificato in pochi giorni, ora ci vogliono mesi. Se tanto mi dà tanto, speriamo che non arrivi la IA… o forse sì? Dopo avremmo solo il problema di ricollocare un 13% d’italiani nel mondo del lavoro ma sicuramente avremmo più efficienza; è lì che vogliamo arrivare?
Nei fine anni ‘90 molti analisti stranieri, per lo più anglosassoni, ci avvertivano della scarsa qualità della classe dirigenziale in cui stava versando il nostro Paese, e non solo nella politica e istituzioni, ma anche nelle aziende specialmente di grosse dimensioni.
Oltre alla scarsa propensione all’innovazione, l’Italia investe pochissimo nella formazione che, a cominciare da quella scolastica, sempre meno competitiva, prosegue poi nello scarso investimento nella riqualificazione e professionalizzazione del personale; e qui si chiude il cerchio sulla considerazione in cui viene tenuta la qualità di vita dei cittadini da parte della Pubblica Amministrazione e sull’etica della politica che, da scala nazionale fino a quella locale, non si preoccupa minimamente di trasgredire il suo mandato pur di mantenere il potere.
Non a caso la Calabria conquista l’ultimo posto assoluto di efficienza e ha un tasso di densità mafiosa tra i più alti in d’IItalia (41.76% fonte Eurispes 2011) seconda solo alla Campania (53.21%) che la segue a ruota; non a caso il Trentino è invece al vertice (densità mafiosa 0.37 battuta solo dal Molise con o.31%).
Ma esistono varie forme di mafie: anche il lobbismo ne è una versione meno evidente ma con un trend sempre in aumento visto che, oltretutto, è legale tanto da accreditare una professione ufficiale e riconosciuta a chi la professa.
Per concludere, si può arrivare però a una verità incontestabile che, al di là delle responsabilità legali, chi dirige ha il dovere di organizzare al meglio, sia che l’istituzione sia privata o pubblica; per far sì che ciò avvenga, il dirigente non può essere colluso con la politica e non può appellarsi al garantismo (ostentato come la più grande conquista democratica). Quanto appena affermato stride con la realtà nel nostro Paese ormai ostaggio di falsi ideologici che ci vogliono far passare la mediocrità come un atto solidale nei confronti di chi ha interpretato male il suo ruolo. Una certezza comunque si palesa e cioè che il benessere del cittadino non è certamente l’obiettivo delle istituzioni e della politica.
A questo punto non possiamo che confermare il vecchio saggio popolare che descrive lo status quo: il pesce puzza sempre dalla testa.