Slogan e Whisky

bicchiere con bevanda sistema paeseEureka. Un altro nastro azzurro: è nato un nuovo slogan.

Quale? Eccolo: “L’uso politico della Storia”. Ma chi saranno mai questi esperti della “Comunicazione populista e popolare per il Popolo” che si cimentano nell’inventar di questi strepitosi modi di dire?

Sono certo professionisti eccezionalmente preparati, fantasiosi e creativi: bisognerebbe conoscerli.

Certo, bisognerebbe conoscerli, anche per chiedere loro cosa significhi questo slogan. Purtroppo, sappiamo solo a cosa sia apparentato lo slogan: ad un abbondante bicchiere di Whisky; quanto basta per appannare il libero pensiero e proiettarlo in un mondo ricchissimo di fantasie, evanescenti e non reali.

Ma perché provocare questa transumanza cerebrale dal reale al fantasioso? Ebbene, l’obiettivo è evitare che si indugi sui perché; è abituare la gente a non farsi delle domande; è suggerire alla gente di non fare domande.

In sostanza è “plagiare”.

Ecco, uno slogan deve bastare a soddisfare l’ansia di conoscere e a intorpidire la coscienza.

Quello neonato è ben costruito: “uso politico” è il tema. Poi viene la desinenza: “della”. Così si può anche generalizzare e dire, ad esempio: “uso politico della immigrazione” o, anche, “uso politico della legge” o “uso politico di qualsivoglia argomento” possa servire.

Eccellente! Vi ricordate quell’altro slogan di cui più nessuno può fare a meno? Quello famoso: “senza se e senza ma”?

Dietro c’è la promessa di un universo di contenuti; ma, in effetti, c’è il nulla. Infatti, a pensarci bene, è un ordine impartito e subliminale: “tu non devi pensare a nulla; non devi avere dubbi; abbiamo già pensato a tutto, noi!”.

Va da sé che chi ha coniato lo slogan “Uso politico della Storia” non capisce nulla né di Politica né di Storia; capisce solo come si fa a turlupinare un popolo di distratti che si industria a ripetere lo slogan, a pappagallo.

Quale è stato il fattore scatenante per costruire uno slogan così?

Michele Serra, 70 anni, giornalista militante a sinistra, lancia dalle pagine di Repubblica, l’idea di una manifestazione “Una piazza per l’Europa”, senza bandiere partitiche. Fissata per sabato 15 marzo, in Piazza del Popolo a Roma, e in altre città italiane, la manifestazione nazionale si è dotata anch’essa di uno slogan: Qui si fa l’Europa o si muore!”. Anche qui un bicchiere abbondante di whisky perché non si è potuto sapere, in verità, cosa significhi “fare l’Europa” e quanti dei partecipanti sia disponibile a lasciarci la pelle.

Intanto, tantissimi, soprattutto quelli della sinistra entusiasta d’essere rivoluzionaria (ma solo negli slogan), hanno risposto alla chiamata: sindaci, associazioni, europeisti, partiti, sindacati, ambientalisti, Lgbtq+, sedicenti partigiani. Una partecipazione corale, di certo nella genericità del pro-Europa, ma con tanti distinguo e con l’equivoco di sottofondo del nuovo Trattato, quello detto ReArm Europe. Purtroppo, la manifestazione sull’Europa è stata trasformata, soprattutto dal PD della Schlein, in una polemica anti governativa, anti-Meloni, anti-Trump, anti-Putin, anti-sovranismo, anti-fascismo e così via. È stata anche una manifestazione d’esaltazione della impudente e inveterata “tracimazione dal ruolo”, usualmente praticata da una invadente “pseudo politica”. Tracimazione certificata dalle innumerevoli fasce tricolori dei sindaci presenti in nome delle loro città senza tuttavia averne delega, e dai contributi economici (ovviamente con i soldi pubblici, cioè di tutti), elargiti da istituzioni pubbliche come, ad esempio, l’Università di Parma e il Comune di Roma (€ 270.000), per assicurare la partecipazione. Tutto ciò, in una piazza politicizzata, quindi di parte, dove si intonava “bella ciao”.

Un modus comportandi che appare come “occupazione della cosa pubblica” “distrazione di fondi pubblici”. Forse, è per questa libertà di tracimazione che la sinistra è “tutta tasse e patrimoniali”.

Ma che ha fatto il PD? Ha diffuso un documento del 1941: “Per un’Europa libera e unita” di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni – soprannominato “Manifesto di Ventotene” -.

Non si capisce cosa abbia indotto il PD a diffondere nel 2025, un documento di quasi 85 anni fa, redatto in un’altra era geologica, viste le odierne accelerate dinamiche sociali. Si capisce, però, che pochi lo abbiano letto.

In quel documento, al di là della idea di una federazione dei paesi europei, si enunciano deliranti asserzioni e proposte irricevibili.

Fra queste: “Nessun diritto alla proprietà privata; il metodo democratico come insopportabile fardello politico perché il popolo è ignorante, inconsapevole e immaturo, incapace di votare; la necessità di un governo della élite illuminata; il suprematismo culturale della intellighentia”.

Niente a che vedere con il titolo che cita, invece, una Europa libera e unita.

Ma, allora, si intravede il perché della incredibile decisione di diffondere il documento: la sinistra si comporta proprio così, in Italia e in Europa.

Ora si capisce il significato del “main stream”, unica verità adottabile; e anche, come fare per avere le “mani in pasta” e come “mettere il bastone fra le ruote” a chi non sia allineato.

Ecco la sinistra; altro che progressismo! E’ sotto gli occhi di tutti.

E, allora valgono anche gli slogan “o con me, o contro di me”; meglio ancora quello che zittisce tutti: “lo vuole l’Europa”.

Ecco come nasce lo slogan accusatorio nei confronti del governo e della Meloni che è colpevole di aver letto qualche passo del documento e colpevole di aver dichiarato di avere diversa opinione.

Bello lo slogan “l’uso politico della Storia”, quando la Storia è stata mistificata per quasi un secolo.

Infatti, la Storia dice che i diversi tentativi di Altiero Spinelli di realizzare la sua visione non sono stati accolti dai veri promotori e Padri Fondatori della Europa Unita: Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, Robert Schuman, Jean Monnet, cattolici.

La loro visione? La “Europa dei Popoli” e non certo la “Europa della Internazionale Socialista” di Spinelli, Rossi, Colorni. Anzi si scopre che la vera ispiratrice della loro visione illiberale, che utilizzava però lemmi liberali nel titolo del loro documento, era la signora Ursula Hirschmann, berlinese, di famiglia ebrea, molto vicina ai Rockefeller (il fratello, Albert, era membro della Rockefeller Foundation e della OSS antesignana della CIA) che hanno finanziato il movimento per il federalismo europeo.  Ursula è stata anti hitleriana e antifascista, fautrice del federalismo europeo, socialdemocratica, molto più socialista che democratica. E’ stata moglie prima di Colorni e poi di Spinelli, quando Colorni fu ucciso di fascisti nel 1944.

Del “Manifesto di Ventotene”, quello che fa più impressione è l’esaltazione del “suprematismo intellettuale” della élite illuminata. Esso appare molto apparentato con la “purezza ariana” di Hitler, con la “supremazia bianca” del Ku Klux Klan e con la politica dell’apartheid del SudAfrica; a dimostrazione che il “razzismo” ha tante forme, si scaglia contro le singole persone ed è molto sospettoso. E’ diventato, però, anche sofisticato visto che è stato adottato dalla élite illuminata. Infatti, il governo e la Meloni in particolare, sono stati subito tacciati di sottocultura perché disconoscono i Testi Sacri e non sono capaci di distinguere fra il socialismo liberale” e il “comunismo”.

Lo si dovrebbe spiegare al bottegaio sotto casa che deve fare a meno della Identità, della Libertà, della Dignità, dello Stato, della proprietà, della famiglia, del diritto di voto, della democrazia; in nome di un fantasma chiamato “collettività” che, però, è una oligarchia.

In ogni caso, è meglio non etichettarsi più come “liberale”.

Antonio Vox

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *